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Uno degli studi di musica elettronica

Fino a pochi decenni fa possedere uno studio di registrazione con apparecchiature elettroniche era un traguardo che pochi professionisti e ricchi appassionati potevano permettersi. Oggi la maggior parte delle funzioni svolte da quello stesso studio e innumerevoli altre sono disponibili nel più semplice computer in commercio.

La vasta diffusione di software economici o gratuiti e di strumenti a basso costo continua ad avere un effetto dirompente sull'approccio alla sintesi del suono disorientandone lo studio; è come se di colpo ci si trovasse in un enorme studio di musica elettronica, con centinaia di macchine per la generazione e la modifica dei suoni a disposizione, senza sapere nemmeno cosa sia un equalizzatore. Ci è parsa quindi utile la redazione di un testo che favorisse, per quanto possibile, l'apprendimento più lineare della sintesi del suono e che aiutasse un approccio alla conoscenza degli strumenti elettronici, partendo dall'analisi dei sintetizzatori analogici. Questi infatti nonostante l'apparente complessità, costituiscono la giusta base da cui partire per spiegare in seguito tutti gli altri tipi di sintesi che si sono succeduti poiché, nella sintesi sottrattiva, ogni elemento della generazione sonora e i suoi relativi comandi sono ben distinguibili.

Il computer ha rivoluzionato la vita dei musicisti di musica elettronica, così come quella dei dattilografi e dei tipografi, ma se la gran parte di questi ultimi ha del tutto abbandonato la macchina da scrivere e i vecchi metodi di stampa, questo non è accaduto per i musicisti. E' frequente infatti, l'uso di affiancare uno o più sintetizzatori reali al computer, nonostante le indubbie possibilità offerte dall'informatica (le infinite capacita' di emulazione sonora, di memorizzazione e di elaborazione di segnali audio) e nonostante la consapevolezza di possedere una macchina sempre e completamente aggiornabile con nuovi strumenti.

La sempre maggior potenza dei processori e la diffusione di internet hanno poi aiutato programmatori e ricercatori, nell'ambito della sintesi del suono, a sperimentare e scambiare i dati sulle proprie ricerche in modo da renderli accessibili e sviluppabili da altri, così come accade per ogni tipo di software. Lo sforzo delle case sviluppatrici e la ricerca libera hanno così ampliato smisuratamente le possibilità di scelta tra strumenti virtuali. Spesso però, chi già possedeva sintetizzatori prima della rivoluzione informatica è abituato e affezionato ai propri strumenti e difficilmente se ne separa e anche i nuovi musicisti sentono il bisogno di poter suonare sintetizzatori reali. Una prova di ciò è la continua produzione di strumenti elettronici da parte delle più grandi case del settore. Affianco alla progettazione di periferiche hardware per computer e di software musicali i costruttori continuano a proporre e a vendere, con successo, anche sintetizzatori spesso ispirati a quelli del passato o con possibilità di sintesi impossibili pochi anni prima.

Questo lavoro si pone l'obiettivo di coniugare due approcci: tecnico e culturale.

Dal punto di vista tecnico, abbiamo voluto soffermarci sulla sintesi del suono definendo gli elementi più significativi di un sintetizzatore e cercando di approfondire il suo funzionamento. Mentre da un punto di vista culturale abbiamo cercato di dare una visione del contesto musicale in cui lo strumento si è sviluppato indagando su come il sintetizzatore abbia cambiato l'orizzonte sonoro sia dei musicisti che degli ascoltatori.

Definizione di Sintetizzatore

"Il sintetizzatore è una macchina che genera e modifica suoni elettronicamente" Howe, 1980, pag 470. Questa definizione è forse quella che ancora oggi nella sua semplicità rappresenta meglio lo strumento che ci apprestiamo ad analizzare.

Chi scrive a riguardo della sintesi del suono è spesso in difficoltà rispetto agli enormi sviluppi che la musica elettronica e la ricerca tecnica raggiungono mese dopo mese, la velocità con cui si susseguono le innovazioni in questo campo rendono difficile la stesura di un testo esaustivo e aggiornato. La stessa catalogazione dello strumento risulta difficoltosa in quanto, essendo il sintetizzatore un insieme di componenti con diverse funzioni non è chiaro se, a seconda del modello, appartenga alla categoria degli "elettrofoni" o a quella delle "apparecchiature elettroniche per musica". Fugazza, 1984, pag. 122. La seconda categoria ingloba i sequencer e i computer ma non il sintetizzatore, la prima categoria non accetta i computer (il primo tra i sintetizzatori oggi utilizzati) perché non è da considerarsi uno strumento musicale ma una macchina da programmare con possibilità di esecuzione impossibili per un normale strumento, ma in effetti ogni sintetizzatore che si rispetti è anche e soprattutto da programmare. Si è deciso quindi di posizionarlo nella categoria delle apparecchiature elettroniche per musica e, nello specifico, nella sotto categoria di "misti" che contengono quindi vari moduli e possibilità.

Il problema principale forse non è tanto nella classificazione dello strumento quanto nella funzione svolta da chi usa il sintetizzatore. Spesso il "tastierista" è anche "programmatore" ed è proprio nella programmazione che molti musicisti trovano il senso della propria arte, nel creare il suono che sarà poi proposto sia dal vivo che in studio. Il problema è effettivamente sentito anche dal musicista elettronico che spesso non riesce a trovare una collocazione "istituzionale" per il proprio lavoro di creatore di suoni. La divisione tra la figura dell'ingegnere del suono e quella del musicista è, nella musica elettronica, in alcuni casi inutile, così come inutile diventa la classificazione separata tra strumenti elettronici per musicisti e apparecchiature elettroniche per la musica.

Contesto culturale

La tradizione colta occidentale ci ha abituato a pensare alla creazione musicale come alla definizione di armonia, melodia e tempo. Il timbro ha sempre avuto un ruolo molto importante nella produzione musicale, come dimostra l'autorevolezza raggiunta dalle grandi scuole di liuteria, ma la sua considerazione è stata sempre legata alla musica scritta. Attraverso la notazione, ogni esecutore può in qualche modo interpretare "timbricamente" un brano, difficilmente invece un autore può descrivere accuratamente un suono attraverso un testo. La nascita della registrazione del suono ha portato ad una maggiore attenzione verso l'aspetto timbrico e non a caso proprio verso la metà del 900, quando la registrazione audio aveva ormai raggiunto ottimi livelli sia qualitativi che di diffusione, molti compositori colti hanno dato maggior importanza alle caratteristiche timbriche delle proprie composizioni. Un esempio magistrale sono le opere di Luciano Berio, Bruno Maderna, Edgar Varese. "Si ha in definitiva uno scardinamento del significato convenzionale-espressivo inerente ai singoli intervalli melodici, ai singoli ritmi, mentre il peso e l'interesse viene a riversarsi sul fenomeno acustico oggettualizzato..." Gentilucci, 1972, pag. 48.

La ricerca sonora elettronica è servita anche a spingere il musicista ad ampliare e approfondire le possibilità sonore degli strumenti tradizionali e a rivedere in generale le modalità compositive ed esecutive. "La musica concreta e quella elettronica hanno creato l'impianto teorico e metodologico sul quale è stato possibile rifondare i modelli formali del linguaggio musicale, ovvero organizzare il continuum offerto dai nuovi strumenti su tutti i parametri del suono. Le frequenze, le durate, le intensità e il timbro, che ne integra i comportamenti, non appartengono più soltanto alla classe degli elementi finiti e preordinati dello strumentario d'orchestra; ora, senza soluzione di continuità, essi possono essere osservati dal musicista, misurati e sperimentati con criteri e pesi arbitrari." Lupone, 2005, pag. 530.

La creazione timbrica,nella musica colta, si è "emancipata" del tutto quindi solo nel XX secolo, solo allora si è accettato di definire musicista anche chi propone suoni non armonicamente e ritmicamente organizzati, non riducibili a partiture tradizionali ma con un interesse puramente acustico e timbrico.

L'arte di lavorare con i suoni sta divenendo sempre più raffinata, la costruzione di un suono sottintende e richiede la conoscenza e una attenta analisi dei fenomeni acustici che ci circondano, sia quelli della natura, sia quelli generati dall'uomo e dai suoi strumenti. "Oggi si può tranquillamente sostenere che la musica elettronica ha fornito importanti stimoli culturali al pensiero compositivo contemporaneo, non soltanto per la costruzione di nuovi mezzi sempre più raffinati e potenti, ma sopratutto per l'introduzione di nuovi fondamenti teorici, scaturiti da una maggiore conoscenza della realtà acustica e dei fenomeni percettivi a essa connessi." Donati, 2002, pag. 7.

Si potrebbe notare come nel suo sviluppo il sintetizzatore si sia troppo avvicinato ad uno strumento acustico tradizionale e abbia dato abbondante spazio ad un uso estemporaneo e assoggettato ai parametri della musica occidentale. Il fatto che nello strumento sia quasi sempre presente una tastiera come quella degli organi ha indubbiamente eletto la figura del musicista "tastierista" come il più appropriato a poter utilizzare anche lo strumento elettronico perché conosce già le tecniche e i trucchi di una parte di esso. Le sterminate possibilità timbriche che possono variare completamente nel tempo, le infinite sperimentazioni possibili si esaurirebbero così una sterile ricerca di un suono utile in un arrangiamento, magari affiancato da strumenti più o meno tradizionali. Il passaggio dagli enormi studi sperimentali degli anni sessanta allo strumento integrato che contiene tutto ciò che era agognato nel passato, ma anche molto di più, avrebbe in qualche modo fatto perdere anche lo spirito di ricerca e di conoscenza di un mondo sonoro ancora tutto da scoprire.

La pratica della sintesi sonora indirizzata all'emulazione è comunque forse lo stimolo più intenso a cercare di discernere ogni minima sfumatura e variazione di un suono anche per ottenere nuove idee, l'analisi musicale è quindi operata indagando nei minimi termini, nelle più piccole "particelle" che compongono un'opera musicale e cioè nel timbro stesso. Il creatore di suoni elettronici è spesso anche un attento ascoltatore di ogni genere musicale. "Si è spesso obiettato che, nelle generazioni attuali, molti studenti dei conservatori non hanno mai sentito nominare Frank Zappa o Brian Eno, mentre altri giovani che manipolano i sampler il computer, divoratori omnivori di suoni, esplorano con estrema esigenza ogni orizzonte musicale..." Paci, 2006, pag. 20.

Lo studio del sintetizzatore e della sintesi del suono può essere inteso anche come un possibile esercizio verso l'attenzione e l'allenamento all'ascolto. La musica elettronica non si deve solamente ridurre a ciò che è prodotto attraverso sintetizzatori o altre apparecchiature, ma si può intendere come esperienza compositiva che fa tesoro delle possibilità, sia di tipo generativo che compositivo, apportate dai nuovi mezzi elettronici.

Metodologia descrittiva

Per descrivere il funzionamento dello strumento si e' deciso di partire dall'esplorazione dei vari moduli che compongono un sintetizzatore analogico osservando che spesso i costruttori definiscono in modo diverso funzioni identiche.

Più precisamente per ogni modulo saranno analizzate le seguenti caratteristiche:

  • Funzione del modulo e sua collocazione nella catena di sintesi
  • Analisi dei controlli fondamentali di ogni modulo
  • Analisi dei vocaboli e dei valori usati dai diversi costruttori per identificare i moduli e i controlli
  • Esempi di possibilità date dai diversi controlli e dalle diverse tipologie progettuali
  • Possibilità di interfacciamento con altri moduli

Buona lettura!

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